Proteggere le bellezze cittadine

Piazza della Loggia in una fotografia scattata nell’anno 1940. La torretta innalzata nell’anno 1437, con l’orologio astronomico del 1540 e completata con la campana nel 1580, qui durante i lavori di protezione e rafforzamento – con il posizionamento di un robusto muro scarpato in pietrame – in previsione di possibili bombardamenti aerei.

Già nel 1936 il Comitato bresciano di protezione antiaerea aveva individuato nella villa dei conti Fenaroli a Seniga il possibile deposito “per la protezione e la custodia del patrimonio artistico cittadino in caso di guerra”, dove “all’atto della mobilitazione tutte le opere d’arte trasportabili del capoluogo” sarebbero state radunate. restava il problema dei monumenti inamovibili.

Dopo lo scoppio della guerra, con la presenza in città di non poche fabbriche di armi e materiale bellico, nonché di un importante snodo ferroviario e caserme, Brescia rischia di essere prima o poi appetito obiettivo degli aerei nemici. Il rischio per il patrimonio artistico della città divenne reale ed il piano per la cosiddetta «blindatura» dei monumenti e per il trasporto in luoghi sicuri dei beni mobili si dovette avviare senza indugi. In città non si provvede quindi alla costruzione di adeguati rifugi antiaerei, ma si risponde positivamente alla richiesta emanata dal Ministero, attraverso precisa disposizione delle Sovrintendenze, di provvedere alla protezione delle opere d’arte.

Alcuni esperti ricordano che, nel corso del primo conflitto mondiale, le opere d’arte bresciane erano state poste al sicuro a Firenze, mentre ciò che non era trasportabile era stato protetto con palizzate e sacchetti di sabbia. Ora i bronzi del Museo romano, i dipinti della Pinacoteca, gli avori e le croci del Museo cristiano, i codici e le pergamene degli archivi, le molte pale d’altare e preziosi quadri custoditi nelle chiese bresciane, erano stati imballati e portati in un luogo sicuro in diverse località della provincia.

Si iniziò pure ad avviare lavori – come quelli testimoniati dall’immagine del fotografo Negri – a porre in sicurezza i monumenti più importanti della città, iniziando dalla chiesa di Santa Maria dei Miracoli, la cui facciata venne ricoperta da un’armatura di legname, con rivestimento interno di tavole e imbottitura di sacchi di sabbia. Seguì la torretta dell’orologio di Piazza della Loggia, che mantenne al loro posto i due mori della campana, i noti “Tone e Batista”, protagonisti di molte satire politiche sin dall’Ottocento.

Pochi altri monumenti cittadini furono oggetto di attenzione da parte dell’Ufficio tecnico comunale, che si occupò della «blindatura» di alcune arcate della Loggia e di San Salvatore e di alcuni sarcofagi posti nel Duomo Nuovo e del Duomo Vecchio. Alla protezione della colonna romana del fronte del Capitolium pensò invece la Soprintendenza alle antichità, che la rinchiuse in un castello di legname formato da piloni e da telai a inviluppare la colonna, il tutto riempito di sabbia, sciolta e in sacchi. Entro il 22 giugno 1940 decine di casse e quadri di grandi dimensioni smontati dalle cornici e arrotolati su rulli furono quindi trasportati a Seniga, dove giunsero anche numerose opere provenienti da altre province, fatte trasportare lì dalla Soprintendenza alle gallerie della Lombardia.

La necessità di porre al sicuro molti dei quadri ospitati dalla Pinacoteca cittadina è all’origine anche della notevole difficoltà del suo riavvio al termine del conflitto. Già nel corso degli anni Trenta, infatti, era stato avviato un progetto di riordino della Pinacoteca Tosio Martinengo, dopo la straordinaria Esposizione riguardante la pittura bresciana del Cinquecento. Proprio per la realizzazione della grande mostra era stato predisposto un piano per gli apprestamenti che avrebbero potuto essere reimpiegati nel progetto di riordino.

Viene messa al lavoro una commissione di esperti formata da Fausto Lechi, Virgilio Vecchia, Vincenzo Lonati, Angelo Righetti e Gaetano Panazza che, in necessario accordo con la Sovrintendenza, avrebbe dovuto portare a termine in tempi brevi la sistemazione della Pinacoteca. Fra l’altro i materiali relativi a Otto e Novecento dovevano essere collocati – così la delibera municipale del maggio 1940 – nei chiostri di Santa Giulia, attigui al Museo dell’Età cristiana, occupati però dal Distretto Militare. In realtà le opere saranno portate fuori città e sistemate in sicurezza fino a tempi migliori.

Con la nascita della Rsi nel settembre 1943, Villa Fenaroli a Seniga fu requisita da un comando germanico, che impose lo sgombero delle opere d’arte, trasportate in parte a Villa Lechi di Erbusco e in parte nei sotterranei del castello sforzesco di Milano, e da qui nei rifugi sul lago Maggiore.

Questa fotografia e le altre pubblicate su "bresciastorica.it" sono presenti nel libro fotografico "Brescia Antica" edito dalla Fondazione Negri.

Lascia un commento


*