L’officina del gas

Oggi la possente struttura arancione del parcheggio sotterraneo accanto alla stazione ferroviaria è l’ultima “occupazione” di questo sito. In precedenza, e a lungo, questo è stato il piazzale di sosta per le autolinee extraurbane e, prima ancora (esattamente dal 1859), il terreno sul quale sorse l‘Officina del Gas della Società di Augusta, che per prima garantì a Brescia il servizio del gas per illuminazione urbana. In questa immagine, datata 1933 circa, si evidenzia viceversa il complesso dell’Officina di produzione del gas della Municipalizzata cittadina, subito dopo gli eseguiti lavori di ampliamento e modernizzazione.

In città è nel 1852 che si comincia a parlare di utilizzo del gas. A proporlo – ma non se ne farà nulla – è una “Società anonima veneta”, attraverso la proposta di un capitolato d’appalto ove, oltre ad introdurre la novità del combustibile gassoso, viene specificata l’opportunità di procedere alla canalizzazione della distribuzione del gas lungo le vie della città, indicando con esattezza diametri, lunghezze, diramazioni delle tubazioni. L’illuminazione a gas era ormai diffusa in molte città italiane, dopo l’avvio avvenuto a Torino nel 1838, seguito dalle sperimentazioni di Genova e Venezia alcuni anni più tardi, mentre anche in città più piccole di Brescia, come Alessandria (1845) e Cuneo (1849), il gas era già divenuto familiare.

L’approdo al gas, pur nell’indirizzo prescelto, tarda però a concretizzarsi. Solo nel 1858, infatti, viene stipulato il primo accordo per l’illuminazione a gas della città, perfezionato successivamente nel marzo del 1859 dal contratto trentennale firmato dal Comune di Brescia con la tedesca “Società di Augusta per l’industria del gas”. Ottenuto l’appalto il 6 marzo 1859, la Società di Augusta – chiamata a garantire almeno 700 punti luce municipali e a somministrare il gas ad ogni “particolare o pubblico stabilimento” – iniziò i lavori per la costruzione dell’officina, che si prevedeva provvista di due forni (uno di riserva) e due gasometri, avviando contestualmente la posa delle tubature, che lo stesso documento di assegnazione del servizio prevedeva da compiersi tassativamente entro il primo marzo 1861.

Il gas, prodotto nell’officina, raccolto nel gasometro e distribuito attraverso la rete delle tubazioni (27 sono i chilometri di tubi posati al 1861), raggiunge così i 700 punti luce municipali. Il contratto con la Società di Augusta prevedeva anche la distribuzione “ad ogni privato o Società che si obbligasse al consumo di una certa quantità di gas computabile con l’interesse dell’appaltatore”. Così, accanto agli uffici del Municipio ed alla stazione ferroviaria, l’illuminazione a gas raggiunge i teatri Grande e Guillaime, l’ospedale civile, gli alberghi e gli eleganti caffè del centro, registrando in poche stagioni ben 364 utenze private. Fra queste, dopo qualche anno, anche alcune industrie come la Fonderia Ceschina e Busi, la Società Unione Tipolitografica, le redazioni dei giornali “La Provincia di Brescia” e “La Sentinella Bresciana”, la Società dei Tram, ecc.

I costi resteranno a lungo troppo elevati per le famiglie che si accalcano nel centro storico, fra le botteghe ed i palazzi nobiliari serviti dalla rete del gas. Sopravvivono ancora gli smorti e puzzolenti lumi ad olio e, almeno sino alla fine del secolo, il gas resta per la maggioranza un “genere di lusso”, catalizzatore delle diffidenze di molti cittadini.

Poco dopo l’inizio della I Guerra mondiale, i beni della Società tedesca vennero posti sotto sequestro (25 agosto 1916) poiché di proprietà del nemico, e la gestione ordinaria affidata alla Prefettura cittadina. Dopo numerose difficoltà dovute alla mancanza di personale ed alla carenza di scorte di carbone, nel marzo del 1917 il servizio viene sospeso, proprio mentre il Governo italiano decide la confisca definitiva di tutti gli impianti. Il Comune decide l’assunzione in economia del servizio a partire dal 1° luglio 1921. Una soluzione temporanea, mutata presto nell’affidamento della gestione all’Asm di Brescia, a partire dal gennaio 1924.

Fra il 1932 ed il 1933 viene messo mano al completo rifacimento dell’impianto di produzione esistente, ampliato sui contigui terreni ceduti dalle Ferrovie dello Stato e con capacità doppie del precedente. Esso prevedeva una nuova batteria di forni a camere verticali con una potenzialità di circa 20.000 mc giornalieri, un’area per il deposito di almeno 40.000 q.li di carbone coke e di fossile, mentre era prevista la demolizione di buona parte dei vecchi edifici di stoccaggio e produzione. Inoltre, il progetto stabiliva la realizzazione di un nuovo gasometro (il secondo in Italia per capienza dopo quello di Bologna), in via Malta all’estrema periferia sud, capacità 15.000 mc: l’inusuale profilo dodecagonale (diametro 22 metri ed altezza 40 metri), ancora oggi si segnala come estetizzante simbolo di archeologia industriale.

Questa fotografia e le altre pubblicate su "bresciastorica.it" sono presenti nel libro fotografico "Brescia Antica" edito dalla Fondazione Negri.

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