Beni di lusso per i cittadini

Nella studiata immagine del fotografo Negri l’elegantissima e moderna sala d’attesa per i clienti del negozio di “Articoli per sports e calzature Pivetti”, gestito da Riccardo Pivetti in via XI Febbraio n. 4 (in precedenza alle demolizioni di piazza Vittoria proseguimento di via Dante, oggi via card. Giulio Bevilacqua).

Gusto e raffinatezza non mancano per questo negozio fondato nel 1860 e che negli anni Trenta del Novecento si pubblicizza come «la più antica e rinomata ditta specializzata in tutte le forniture alpinistiche, fornitore del Cai», inseguendo così anche la moda delle gite in montagna organizzate da varie associazioni. Un luogo che costituisce l’emblema del gusto in evoluzione dei bresciani, fra tradizione e modernità.

Il commercio cittadino in realtà da lungo tempo ha modellato il proprio sviluppo anche sui beni di lusso. Basti pensare ad un comparto sempre in ascesa: l’oro ed il suo commercio. Nel corso dell’Ottocento nella sola Brescia risultano attive circa 120 botteghe di gioiellieri o venditori di oro, un numero enorme per una città di poco superiore ai 30.000 abitanti, numero che cala gradatamente nel corso del tempo.

I censimenti industriali del secondo dopoguerra segnalano nel territorio bresciano 58 imprese (con 175 addetti) nell’anno 1951, aziende che si dedicano alla lavorazione o commercializzazione anche dell’oro che divengono 91 nell’anno 1961 (con 629 addetti), sino ad esplodere letteralmente nel tenere testa al boom economico, che rende disponibili surplus da investire nel prezioso metallo.

La rete commerciale non segue, però, adeguati itinerari di modernizzazione, mostrando i segni di una stagnazione anche di stampo merceologico: negli anni Trenta, sono ancora aperti, per esempio, 5 negozi per canestri di vimini, 11 di sellai e 15 esercizi per la vendita sfusa di lisciva, 56 latterie, solo 4 negozi di «articoli in gomma», ma 7 di «sacchi usati», quasi 250 fra caffè, bar e bottiglierie, 235 trattorie e più di 200 osterie. Nella realtà tipicamente urbana il lusso mantiene però ha la sua parte: vi sono ben 12 negozi per la vendita di arredi sacri e altrettanti di pianoforti, 22 negozi di cappelli, mentre fioriscono i laboratori che utilizzano oro: sono 38 in città, 6 a Chiari, 4 a Palazzolo ed uno per i centri maggiori.

Non mancano altri negozi particolari. Franco Guidetti in corso Palestro è l’unico in città che per decenni vende casseforti, due sono le manicure aperte presso l’Albergo Diurno e tre quanti fanno pedicure; ben 33 gli orefici e gioiellieri e 7 gli antiquari e venditori di “oggetti d’arte”; 25 le profumerie e 7 i restauratori, che disegnano comunque una città viva e per certi versi non povera.

Nel secondo dopoguerra è l’elettrodomestico ad assumere molteplici significati – dalla liberazione dalla fatica a strumento di emancipazione femminile, da status symbol familiare a emblema di un lusso che vuol dire svolta generazionale. Ad iniziare dalla lavatrice, che trova nella «miniaturizzazione» la possibilità della sua adozione nelle case private.

Prende piede quella che inizialmente la lingua italiana chiama «liscivatrice automatica», che consente un’operazione di lavaggio meccanizzata. In città si diffondono inizialmente i modelli Fiat e Candy , con un costo base di 210.000 lire, pari a circa sei/sette mensilità operaie. Nel 1958 compare la prima lavatrice completamente automatica. È l’inizio di uno straordinario successo, se nel periodo compreso fra il 1959 ed il 1963 le vendite del nuovo elettrodomestico conoscono un aumento pari al 350%.

Il modello di vita americano prende piede con rapidità: nel negozio «Vita» di via Palestro, per esempio, si propongono i frigoriferi – sotto lo slogan «Per una vita più comoda» – i modelli Sigma «originali germanici di Mannheim della Brown Boveri» – costo 99.000 lire – e i modelli Du Pont, costruiti con «lamiera elettrozincata» e montati nelle nuove cucine razionali, dette «americane». Anche presso la concessionaria Fiat «Bertolotti», accanto ai modelli delle automobili torinesi compaiono in vendita robusti frigoriferi, mentre presso il noto negozio «Vigasio» nel 1960 si pubblicizzano i «frigoriferi svizzeri per la famiglia»: costo 38.000 lire, ratealizzabili a 4.000 lire mensili; lo stesso commerciante nel 1961 è in grado di garantire il ritiro della vetusta ghiacciaia – «[la] pago lire 25.000» – in cambio dell’acquisto di un frigorifero.

Questa fotografia e le altre pubblicate su "bresciastorica.it" sono presenti nel libro fotografico "Brescia Antica" edito dalla Fondazione Negri.

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